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Piazza della Repubblica già Piazza Esedra

Il primo nome della piazza, ancora oggi molto comune, trae origine dalla grande esedra delle terme romane, il cui perimetro è ricalcato dal colonnato semicircolare della piazza. I portici che abbelliscono il piazzale furono edificati proprio in memoria degli antichi edifici che vi sorgevano: i palazzi porticati, risalenti al 1887-1898 sono opera di Gaetano Koch. Sulla piazza si affaccia la basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri, ricavata da un’ala delle terme imperiali romane: Michelangelo ricavò dal tepidarium un’ala per l’ampia chiesa a croce greca.

Fontana delle Naiadi

La fontana delle Naiadi al centro della piazza è opera del palermitano Mario Rutelli (bisnonno dell’ex sindaco di Roma Francesco Rutelli), che ha scolpito il gruppo artistico nel 1901. Le naiadi rappresentate sono la Ninfa dei Laghi, riconoscibile dal cigno che tiene a sé, la Ninfa dei Fiumi, sdraiata su un mostro dei fiumi, la Ninfa degli Oceani, in sella su un cavallo simbolo del mare, e la Ninfa delle Acque Sotterranee, poggiata sopra un drago misterioso. Al centro si trova il gruppo del Glauco (1912), simboleggiante il dominio dell’uomo sulla forza naturale. L’acqua proviene dall’acquedotto dell’acqua Marcia, fra le più famose di Roma; precedentemente infatti Pio IX aveva inaugurato qui nel 1870 la fontana dell’Acqua Pia.

Via Nazionale

La storia di via Nazionale iniziò con l’acquisizione, da parte di monsignor Francesco Saverio De Merode, della vallata detta “di S.Vitale” (dal nome della omonima chiesa), che allora corrispondeva quasi interamente ai territori circostanti il tracciato della via. Il monsignore era proministro delle armi pontificie ma più che le armi e la tonaca lo seducevano i guadagni ingenti, tanto che nel 1880 lottizzò i terreni di cui era proprietario. Il suo sogno era di creare un quartiere moderno ma riuscì soltanto a far costruire tre edifici (utilizzando materiali di basso prezzo) all’inizio dell’odierna via Nazionale, ma allora chiamata “Nuova Pia” in omaggio a papa Pio IX. De Merode intuì l’importanza di collegare la Stazione Termini (in quel periodo ancora in costruzione) con il centro della città: infatti, ideò una via tra le chiese di S.Maria degli Angeli e di S.Vitale che conducesse fino a piazza Venezia. Tra il 1867 ed il 1872 De Merode concordò la cessione dei terreni con il Comune di Roma, che poté così realizzare i lavori per l’apertura della via, che venne chiamata via Nazionale in onore della giovane nazione Italia.

Nella pianta di Roma del 1901 via Nazionale arrivava, come dal progetto del De Merode, fino a piazza Venezia: soltanto dopo la I Guerra Mondiale il tratto dopo largo Magnanapoli prese il nome di via Quattro Novembre (a ricordo della vittoria nella I Guerra Mondiale) e di via Cesare Battisti (in onore dell’eroe trentino impiccato dagli austriaci). Via Nazionale segue, in parte, il tracciato di un antico viario romano, il “Vicus Longus”. L’apertura della via portò alla demolizione degli ultimi resti delle antiche Terme di Costantino ed al taglio di un terrapieno, sorretto da un muro, sul quale le Terme poggiavano: è lo stesso rialzo che ancora oggi serve da base per villa Aldobrandini. Via Nazionale, definita la maggiore strada del rinnovamento edilizio della “Nuova Roma”, appartiene a due rioni: da piazza della Repubblica all’incrocio con via delle Quattro Fontane al rione Castro Pretorio; dal suddetto incrocio fino alla via XXIV Maggio al rione Monti. Prendiamo qui in considerazione la zona appartenente al rione Castro Pretorio. Una targa affissa su un modesto edificio al civico 5, ad angolo con via Torino, ricorda che questo fu il “Primo fabbricato eretto in questo nuovo Borgo fra gli anni 1868-1870”, cioè è uno di quei tre edifici sopra menzionati eretti da monsignor De Merode. Del 1874 è il successivo edificio, oggi sede dell’Albergo Quirinale, opera del Partini per iniziativa di Domenico Costanzi: è il primo grande albergo della nuova capitale, unito, per mezzo di un passaggio sotterraneo, al retrostante Teatro dell’Opera, eretto per conto dello stesso albergatore nel 1880.

L’albergo ospitò, ovviamente, musicisti ed artisti famosi, come ricorda la lapide: “In questo albergo soleva prender stanza Giuseppe Verdi e da questa finestra si mostrò al popolo acclamante al suo arrivo per la prima rappresentazione a Roma del Falstaff il 13 aprile 1893”. Sullo stesso lato sorge S.Paolo dentro le mura (nella foto 1), la prima chiesa non cattolica costruita a Roma dopo la caduta dello Stato Pontificio. Fu realizzata tra il 1873 ed il 1880 su progetto dell’architetto George Edmund Street e per commissione del reverendo Richard Nervin, capo della Congregazione Protestante Episcopale che si riuniva nella Legazione Americana presso la Corte Pontificia. La chiesa si presenta in uno stile romanico-gotico, caratterizzato da strisce di mattoni rossi che si alternano al travertino. L’accesso alla chiesa si ha tramite un portale con doppio passaggio, sovrastato da un mosaico del 1909 che raffigura “S.Paolo che insegna il Vangelo a Roma”, opera di George Breck, mentre al di sopra è situato un rosone con i simboli degli evangelisti ed una iscrizione tratta dalla lettera di S.Paolo ai Filippesi. L’interno a tre navate è illuminato da vetrate con la “Storia della vita del Santo”; i mosaici dell’abside e del coro sono dovuti a disegni di Edward Burne Jones ma la nota curiosa è che i volti di alcuni santi sono quelli di personaggi dell’Ottocento, come quello del generale Grant, presidente degli Stati Uniti d’America (S.Patrizio), di Giuseppe Garibaldi (S.Giacomo) e di Abramo Lincoln (S.Andrea).